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Molti datori di lavoro sono indecisi tra l’offrire buoni pasto ai propri dipendenti e collaboratori o preferire l’erogazione diretta in busta paga insieme allo stipendio mensile. Ecco quale alternativa è più conveniente e cosa prevede l’ordinamento fiscale vigente

Offrire dei benefit ai propri dipendenti, inclusi coloro con cui non si ha un rapporto di lavoro subordinato, è importantissimo per aumentarne la soddisfazione, migliorare l’ambiente di lavoro e rimanere competitivi rispetto ad altre aziende. Ad oggi i buoni pasto sono fra gli strumenti di welfare più diffusi e apprezzati: sono infatti soggetti a tassazione agevolata e influiscono positivamente sul bilancio mensile dei dipendenti. Considerando che il valore massimo di un buono pasto elettronico è di 8 euro, un dipendente potrà beneficiare di un extra che potrebbe raggiungere i 160 euro mensili. 

Il datore di lavoro può decidere di erogare il buono pasto a tutti i lavoratori, sia part-time che full-time e indipendentemente dalla tipologia di contratto.

Non bisogna confondere però il buono pasto con l’indennità sostitutiva di mensa. Nel primo caso si fornirà un blocchetto cartaceo, una tessera elettronica o un’app con un saldo mensile; nel secondo caso i soldi vengono direttamente corrisposti in busta paga. Salvo che per poche eccezioni, tale importo concorre alla determinazione del reddito imponibile ai fini fiscali e previdenziali, e dunque è sottoposto a tassazione, rendendo questa soluzione poco vantaggiosa sia per i dipendenti che per i datori di lavoro. 

I vantaggi fiscali dei buoni pasto

I buoni pasto godono di una tassazione agevolata rispetto agli altri strumenti di welfare. Nel limite di 4 euro per buono cartaceo e 8 euro per buono digitale, gli importi nominali sono deducibili al 100% senza limitazioni inerenti al fatturato (come succede, in genere, per le spese di trasferta, vitto e alloggio). 

Inoltre l’IVA è sempre agevolata al 4% ed è detraibile. C’è però da specificare che tali vantaggi si applicano solo qualora il buono venga concesso a tutta la platea di dipendenti o a specifiche categorie (ad esempio solo coloro con contratto “full-time”, oppure a certe categorie, come i manager). Non è quindi possibile concedere bonus ad personam e usufruire delle agevolazioni.

C’è infine da considerare che la gestione della fatturazione è decisamente più agevole. Questa avviene su base mensile e semplifica il lavoro all’amministrazione e all’ufficio risorse umane.  Anche la fruizione per chi li riceve risulta estremamente semplice in quanto i buoni pasto sono generalmente accettati nelle più importanti catene di supermercati e da moltissimi ristoranti. Questo agevola anche la gestione amministrativa per l’azienda perché non si renderanno necessarie convenzioni ad hoc con i ristoranti e gli esercizi commerciali limitrofi alla sede aziendale.

Buoni pasto in busta paga

Parlare di buoni pasto in busta paga è abbastanza improprio, in quanto – secondo le normative vigenti – si caratterizza come retribuzione economica a tutti gli effetti. Infatti, come già sottolineato, tali somme sono ricevute insieme allo stipendio mensile e saranno dunque assoggettate a IRPEF e altre voci di tassazione, riducendo il valore di quanto erogato dall’azienda.

Scegliere i buoni pasto è la scelta più conveniente non solo dal punto di vista fiscale, ma anche per la loro flessibilità, in quanto sono accettati quasi in tutti i supermercati e molti esercizi di ristorazione. Con l’avvento dei buoni dematerializzati, inoltre, diventa per la prima volta possibile ordinare spesa online e delivery

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