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Lo smart working, o lavoro agile, è sempre più comune sia fra le pubbliche amministrazioni che fra le aziende del settore privato. Essere in smart working dà diritto a ricevere i buoni pasto come i colleghi che lavorano in sede? Scopriamo insieme le normative in merito e le ultime tendenze nel mondo del lavoro

Il buono pasto è uno strumento di welfare ampiamente generalizzato fra i lavoratori dipendenti e autonomi in Italia. Con una spesa ridotta per il datore di lavoro è possibile fornire un aiuto concreto per i propri dipendenti. I vantaggi, in fatto di incentivo all’economia locale e benessere del lavoro, sono evidenti. Tuttavia, è ancora controversa la questione che riguarda i buoni pasto per i lavoratori in smart working: sono dovuti o il tutto è a discrezione del datore di lavoro? Ecco quello che c’è da sapere.

Il buono pasto non è considerato come mezzo di retribuzione

Secondo la pronuncia di tribunali locali e della Corte di Cassazione, il buono pasto non è da considerare come retribuzione per il dipendente, circostanze che lo esclude dall’ambito del Decreto Legislativo 81/2017, il quale – per la prima volta in Italia – ha normato lo smart working o lavoro agile. Il decreto, infatti, prevede che la retribuzione ed eventuali benefit debbano restare invariati. 

Tutto dipende da come i buoni pasto sono contrattualizzati: nel caso facciano parte del contratto collettivo o individuale, possono essere revocati solo attraverso un nuovo accordo che, in certi casi, dovrebbe essere mediato dalle parti sindacali.

Nel caso, invece, si tratti di un’erogazione autonoma e volontaria da parte del datore di lavoro, i voucher possono essere revocati nel caso si scelga di lavorare da casa. La ratio riguarda l’organizzazione del tempo: secondo i legislatori e le successive interpretazioni giudiziarie il dipendente in smart working può organizzare autonomamente il tempo. Non avrebbe dunque bisogno di compensazioni per la pausa pranzo ridotta o assente. Questa è la motivazione fornita, ad esempio, anche dalle pubbliche amministrazioni.

Perché fornire buoni pasto anche ai dipendenti in smart working

Nonostante la legge permetta ai datori di lavoro di revocare il beneficio a chi decide di lavorare da casa, garantisce ancora tutte le agevolazioni fiscali del caso. Fornire buoni pasto per lo smart working non prevede una tassazione aggiuntiva o un aumento dei costi: le deduzioni saranno ancora permesse, così come le detrazioni dell’IVA sull’acquisto. 

Ciò significa che, in ottica del benessere dei propri dipendenti, offrire i buoni pasto rimane sempre possibile e comporta comunque benefici quantificabili, dato che si tratta di fatto di una integrazione al reddito non sottoposta a tassazione. In un mercato del lavoro molto flessibile e aperto, incentivi come i buoni pasto aumentano sia l’attaccamento del dipendente al luogo di lavoro, sia la sua soddisfazione complessiva.

I buoni pasto elettronici fino a un massimo di 8 euro al giorno non sono tassati per il lavoratore e permettono di acquistare presso commercianti locali, ristoranti e supermercati senza commissioni. In tempi di inflazione, quindi, è un beneficio assolutamente utilissimo.

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